Premi speciali 2022 Stampa

premi speciali - foto di Luigi Burroni

Premio speciale "Giuseppe Bartolomei"
attribuito dalla Commissione di lettura 

Ottorino Orlandini 
nato a Lorenzana (Pisa) nel 1896, morto nel 1971

Le emozioni di una vita
memoria 1900-1969

Ottorino Orlandini non è un “italiano qualunque”, uno di quegli autori di diari o di memorie che attraverso l’Archivio di Pieve Santo Stefano riescono a sprigionare una voce altrimenti destinata a rimanere nell’oblio della storia. Già combattente nella Prima guerra mondiale, sindacalista a capo delle Leghe Bianche nel Mugello a partire dal 1919, poi volontario nella guerra di Spagna sotto la bandiera di Giustizia e Libertà con Carlo Rosselli, e ancora antifascista, confinato in Francia e partigiano alla guida delle formazioni del Partito d’Azione in Toscana: Orlandini è stato un grande protagonista della storia italiana del ‘900. La sua biografia è oggetto di studio e in gran parte nota, ma tra gli anni Cinquanta e Sessanta è lo stesso Ottorino ad avvertire il bisogno di scrivere un memoriale, da lasciare in eredità ai familiari e non solo, per rendere eterno il racconto dei fatti salienti della sua vita, ma soprattutto l’intensità e l’importanza delle emozioni provate. Seguendo questo affascinante criterio, e dopo diverse stesure, nascono i 32 capitoli della sua memoria, sganciati da un rigoroso ordine cronologico, ma fortemente incardinati nei passaggi cruciali della sua vita. Come quella volta che Ottorino cade nelle mani della famigerata “Banda Carità”, corpo speciale segreto e di torturatori della Polizia Fascista attivo a Firenze e in Toscana negli anni della Resistenza: La paura, non la provai nemmeno quando gli sgherri di Carità, alla Villa Triste, in via Bolognese, mi puntavano la rivoltella al cuore e alle tempie e ciascuno diceva: “Parla o sparo”. Mi svenni molte volte quando mi percuotevano con i pugni, col calcio della rivoltella, con la canna dei moschetti e con le loro scarpe chiodate. Quando riacquistavo i sensi, ricordo che pensavo di essere vicinissimo alla morte e pensavo che la morte era una brutta cosa perché era lenta ad arrivare ed avevo una preoccupazione sola e stupida… avevo la preoccupazione di cadere in delirio e di parlare e fare dei nomi durante il delirio. Ogni capitolo, ogni risvolto di vita, viene introdotto da Orlandini partendo dall’attualità in cui scrive, nell’anno 1969 in cui pone mano all’ultima versione della sua memoria. Poi velocemente il nastro si avvolge fino a riportare il lettore ad un altro punto saliente del racconto. Come quella volta che il neonato squadrismo di inizio Ventennio gli dà la caccia per le campagne toscane: progettarono, così, una nuova, tragica beffa: aggredirmi a pugni all’uscita finché cadessi a terra svenuto; poi mi avrebbero collocato una bomba spenta in tasca ed una accesa sul petto e sarebbero scappati. All’inchiesta della Magistratura, la bomba scoppiata sarebbe stata la prova evidente che io ero armato e che mi era successa una disgrazia al momento di lanciare la bomba. Come quella volta che combattendo in Spagna, nonostante i dissapori con i comunisti, l’amicizia e il sorriso di un grande uomo restituiscono un senso ai sacrifici compiuti in nome della giustizia, e della libertà: In poche ore rioccupammo varie alture ai fianchi ed andammo anche oltre le posizioni perdute. Alla notte mi accorsi che comandavo tutto un settore presidiato da oltre duemila uomini; mi accorsi che il gruppo italiano si era trasformato in un piccolo stato maggiore; mi accorsi che avevo alle mie dipendenze dei reparti dell’esercito regolare spagnolo, con relativi ufficiali e numerose centurie di volontari spagnoli con i relativi capicenturia. La notizia della strepitosa vittoria del 5° scaglione era intanto arrivata anche alla colonna italiana, distante da lì una trentina chilometri. Venne Carlo Rosselli a stringermi cordialmente la mano e mi disse, sorridendo: “Bravo Colonnello!”. Il buono e caldo sorriso di Carlo Rosselli, sulle montagne di Aragona, fu una delle poche grandi soddisfazioni avute durante tutta la guerra di Spagna.

 

i diari di Patrizia Calovini - foto di Luigi Burroni

Premio per il miglior manoscritto originale
attribuito dall'Archivio diaristico 

Patrizia Calovini 
nata a Tarquinia (Viterbo) nel 1952

Diario nuovo vita nuova 
diari 1968 e 2020

Unisci la scrittura autobiografica ai passaggi cruciali di una vita e alla mano abile nel disegnare di un’artista: nascono così due preziosi diari, scritti da Patrizia Calovini a più di 50 anni di distanza. Il primo nel 1968, quando vive a Bolzano e frequenta l’Istituto Statale d’Arte a Trento; il secondo nel 2020, in tempo di pandemia e di quarantena, realizzato nella sua casa di Ancona. C’è un filo conduttore che lega due periodi così lontani della vita e due momenti storici così differenti: Patrizia racconta i suoi stati d’animo, come gli innamoramenti giovanili nel diario dell’adolescenza, o le inquietudini del presente in quello nato durante il lockdown. E in entrambi i casi correda la scrittura di disegni, ritratti, ricami, così belli e curati da rendere alcune pagine delle vere opere d’arte. Nel diario del 1968 non mancano ritagli di giornale e collage fotografici realizzati con i volti degli idoli musicali del momento, da Mick Jagger a Jimi Hendrix. La scrittura perfettamente rotonda, le lettere panciute, una cura per la grafia che sa di altri tempi. Stupenda nel diario del 2020 l’impaginazione grafica, con le immagini e le parole che si fondono in una visione ricca di armonia.

Il programma della 38^ edizione:  

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