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Bruno Bartoli Un uomo fortunato Roma, Editrice LiberEtà, 2003 pp. 232
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La mezzadria era "una delle peggiori forme di subordinazione e di sfruttamento", scrive Bruno Bartoli ricordando la situazione in cui viveva la sua famiglia: il mezzadro doveva solo eseguire; altrimenti era costretto a lasciare il podere senza giustificazione da parte del proprietario: " Bastava indicare ad esempio l'incompatibilità di carattere". "Quanti stenti e quante privazioni!": anche se la sua famiglia allevava quattro o cinque vitelli all'anno, "io non sapevo quale era il sapore della bistecca alla fiorentina"; e quando oggi nei ristoranti viene presentata come una prelibatezza la minestra i pane, "penso a quanto la odiavo da piccolo", perché "non sapeva di niente". A dodici anni Bartoli, come gli altri suoi coetanei, è costretto a lasciare gli studi e a impegnarsi nei "duri, faticosi" lavori dei campi nella campagna intorno a Empoli; a sedici anni, partiti i fratelli per la guerra (che portò solo altra fame e nuovi lutti, con la morte del fratello, i bombardamenti, gli sfollati), la fatica divenne quasi insostenibile, giacchè quasi tutto gravava sulle sue giovanissime spalle. La "ripulsa" per quella palese, intollerabile ingiustizia diventava sempre più grande, e si trasformerà poi in coscienza di classe. Non mancavano, però, anche momenti di serenità: la vita in famiglia, la trebbiatura, la vendemmia, gli approcci con le ragazze (chiamati " fiaschi", "forse perché quasi sempre le ragazze rifiutavano le nostre offerte") "ricordi che ancora oggi mi fanno venire nostalgia malgrado la miseria che avevamo". Resistere e reagire diventa un dovere, e alla fine la vittoria contro i fascisti e i loro alleati ricompensa le fatiche e le tragedie. Bisogna rifondare tutto, la società e la democrazia. L'"esigenza di grandi cambiamenti sociali" diventa il punto centrale degli anni successivi ce Bartoli vive come militante e dirigente (nella Federmezzadri, con cui combattè la grande e vittoriosa battaglia per la fine della mezzadria, nella Cgil, nella politica attiva , fino a diventare consigliere provinciale, e nello Spi) senza mai dimenticare pero' il rapporto di servizio con i contadini e gli operai, e al tempo stesso riuscendo a costruire una famiglia solida. "Ho sempre sostenuto ce ciò che il sindacato mi ha dato è stato più di quanto gli abbia restituito"; per questo appello conclusivo è ai giovani , il cui rischio maggiore è quello di "lasciar fare agli altri, non occuparsi di politica, non tutelare i propri interessi e quelli della collettività".
Storie di antifascismo e di emigrazione
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