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Natalina Sozzi Il profumo dell'erba tagliata introduzione di Alba Orti presentazione di Anna Milani Roma, Editrice LiberEtà, 2003 pp. 160 con ill. euro 8,00
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"Se ti senti vittima degli ingranaggi implacabili del tuo destino, così come io lo fui un tempo tanto lontano ce quasi non ricordo più, questo libro è dedicato a te. "E se ti racconterò di me, di mia madre e un poco dei miei figli, mio paziente lettore, amico caro, in fondo racconterò di te. Perché se le storie sono diverse, la sofferenza è una sola". E' così che inizia la memoria di Natalina Sozzi (nata a Rivolta d'Adda) e già entriamo in un mondo di valori profondi perché vissuti: "La sofferenza è una sola". Dall'esperienza del dolore può nascere il sentimento della solidarietà; dalla vita di un individuo si possono trarre indicazioni per la vita di tutti: bisogna conoscere (leggere) e avere "pazienza", che significa proprio "soffrire insieme", condividere cioè la sofferenza per arrivare infine all'amicizia, cioè alla solidarietà. E tanta parte dell'esperienza di Natalina è fatta di sofferenza: dalla nascita, con l'immagine della madre che stava per partorire "sulla terra dell'uva e della fame", all'infanzia, segnata oltretutto da una profonda ingiustizia: la presenza ossessiva del fratello, che si fa quasi padrone della vita di Natalina, e che pretende di controllarne le scelte. Ma il commento che ne fa oggi la protagonista è davvero magnifico: Natalina "perdona" il fratello pur riconoscendone l'insopportabile invadenza, e lo capisce proprio perché, come dice, quella era la normale cultura di quel mondo contadino, fatto di fatica e di sofferenza, dove dunque amare era impossibile. Ma poi le cose cambiano e le trasformazioni avvenute nel tessuto civile dell'Italia sono particolarmente evidenti nel ruolo della donna, cui Natalina dedica grande attenzione: "Ai tempi di mia madre le donne erano schiave" (e dovevano lavorare, accudire la famiglia, fare figli). Natalina invece, almeno "da una certa età", ha riscattato questa vita di umiliazioni grazie a una "testardaggine" che l'ha esposta a reazioni anche violente, per diventare, come scrive, "padrona del mio corpo, e ance dei miei pensieri"; adesso per le figlie le cose vanno ancora meglio, percè naascono e rimangono libere, "non devono subire l'umiliazione di essere donne", e "nessuno può obbligarle a stare zitte".
Storie di antifascismo e di emigrazione
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