Opel Rekord memoria 1970-1971
Roberta Pedon nata a Venezia nel 1952
Una mattina incontrammo Giuseppe. Stava organizzando un viaggio in India e cercava compagni con cui condividere spese e avventura. L’idea mi eccitava terribilmente. C’era l’automobile. Dovevamo mettere insieme un gruppo per poter sostenere le spese. Eravamo già in tre. Maurizio e Loretta, presenti all’incontro, ascoltavano increduli, gasati all’idea, ma intimoriti da una scelta così radicale. Enrico, molto pratico, disse loro: "Giovedì noi partiamo. Se volete essere dei nostri, fatevi trovare a Redcliff Garden!". Era l’indirizzo del nostro appartamento. "Pochi bagagli, per favore!" aggiunse. Il mattino della nostra partenza era una di quelle giornate fredde e uggiose, tipicamente londinese: il 25 gennaio del 1971. Maurizio e Loretta si presentarono puntuali, con le loro due sacche e un cartone di vettovaglie da portare a un’amica, Nikla, che li attendeva a Goa, una località nel sud dell’India. In cinque eravamo pigiati come sardine in una macchina vecchia e malconcia, ma per noi rappresentava il mezzo che ci avrebbe consentito di realizzare i nostri sogni. Su quell’automobile, un’Opel Rekord targata Napoli pronta più per essere rottamata che per un simile viaggio, Roberta Pedon ci sale a 19 anni. Vive a Londra da qualche mese: nella City è andata per perfezionare l’inglese, ed è rimasta per mille altre ragioni. Per Enrico, che ora le viaggia a fianco. Mi innamorai perdutamente e andammo a vivere insieme, solo dopo qualche settimana dal nostro incontro, in un minuscolo grazioso appartamento nel quartiere di Earls Court. Per quel lavoro da commessa a Kensington Market, che la rende indipendente ed emancipata. Malgrado il mio incerto inglese, mi impegnavo molto e cominciavo anche a diventare brava, tanto che il mio capo mi nominò direttrice del piccolo negozio, scatenando l’invidia del mio collega irlandese. Per i concerti epici del Lyceum, un teatro vittoriano che proponeva ogni sabato sera il midnight show, dove si esibivano le migliori band del momento: seduti o sdraiati sul pavimento ascoltavamo i ritmi dei Jethro Tull, di Emerson Lake and Palmer e altri musicisti emergenti e smaniosi di sfondare nell’effervescente scena del rock londinese. Di più ci può essere solo un viaggio verso Oriente, altro mito generazionale degli anni Sessanta e Settanta forgiato dai Beatles. L’itinerario è pazzesco: Inghilterra, Germania, Austria, Jugoslavia, Bulgaria, Turchia, Iran, Afghanistan, Pakistan, India. E ritorno. Una catena infinita di esperienze, scoperte, incontri scanditi dai guasti e dalle riparazioni alla mitica autovettura. Che riesce a trasportare i cinque fino a Bombay, dove a causa di un litigio la compagnia si scioglie e prosegue per strade separate. Bisogna comunque arrivare a Goa, meta delle migrazioni hippies per le sue spiagge paradisiache e le feste senza fine. I full moon parties erano diventati leggendari. Cominciavano al tramonto e finivano all’alba. Si faceva uso di una gran quantità di sostanze allucinogene "per espandere la coscienza", si diceva, ma che spesso inducevano molti ad avere allucinazioni e a fare viaggi senza ritorno. Le reazioni erano le più disparate. Sparivano completamente i freni inibitori, per mettersi interamente a nudo. Ognuno esprimeva le proprie emozioni: di gioia, di paura, di rabbia, di angoscia, di dolore. Uno sballo che viene interrotto bruscamente a causa di un furto di denaro e documenti. Roberta ed Enrico sono costretti a tornare a Bombay all’ambasciata italiana, e di lì a ripercorrere a ritroso l’itinerario di andata, viaggiando con mezzi pubblici e di fortuna. Fino all’Italia: Trieste si stava avvicinando e con essa la fine della nostra grande avventura. Dopo otto mesi di Oriente e altri trascorsi a Londra, mi sentivo in trappola, come se tutto quel tempo vissuto non fosse stato altro che un sogno, del quale non ne facevo più parte!
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Il programma della 34^ edizione:
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