Storie di una malavita incontro con Nicola Maranesi e Valia Santella
ore 15.30 Logge del Grano
letture di Andrea Biagiotti
La periferia e la povertà, le umiliazioni e gli espedienti, il collegio e il carcere minorile, i piccoli furti e i raggiri, le rapine e la galera, la famiglia e le donne, i figli e l’amore, l’odio e la droga, la violenza e i soprusi, la legge e le ingiustizie, i viaggi e le evasioni… L’elenco potrebbe proseguire a lungo: nell’autobiografia di Claudio Foschini, ‘In nome del popolo italiano’, ‘Il Mulino’, c’è tutto questo e molto altro. Una memoria scritta di getto in un anno e sei mesi dal luogo in cui l’autore, poco più che quarantenne, aveva trascorso gran parte della propria vita: la prigione. Miniera di spunti. La narrazione di sé di questo ladro, nato e cresciuto tra Roma e gli istituti di pena di tutta Italia, ha destato interesse ed entusiasmo per molte ragioni: la schiettezza del racconto, la veridicità della testimonianza, la valenza documentale delle descrizioni, la stessa inclinazione per la pratica autobiografica. Il trascorrere degli anni - Foschini vince ex aequo il Premio Pieve nel 1992 - ha reso ancor più articolato questo elenco, offrendo ai lettori di oggi due ulteriori motivi di riflessione nell’approccio alla lettura. Il primo è drammatico: Claudio è morto. Nel 2010, nel corso di una rapina, colpito da un proiettile, alle porte della Capitale. Un finale scontato per chi diffida dall’umana capacità di redenzione. Un epilogo inconcepibile, per chi la pensa all’opposto e intravede nella stesura di una memoria un primo tangibile segnale di cambiamento di una persona alla ricerca di sé, gesto primordiale di un “io” che torna a misurarsi per mezzo di un’unità primaria. Con la sua scomparsa, suo malgrado, Foschini ha sollevato interrogativi che impongono un’indagine alla collettività. Il secondo motivo di riflessione che scaturisce dalla lettura di questo libro nell’anno 2013 è di natura scientifica: il dilatarsi della prospettiva temporale consente di mettere a fuoco con maggiore precisione la valenza storica, sociologica e antropologica della testimonianza. La traiettoria personale disegnata da Claudio ha valenza interpretativa, parziale ma rappresentativa, di fenomeni quali la nascita e l’evoluzione della delinquenza organizzata nei contesti urbani dell’Italia tra gli anni ’60 e ’70, l’affermazione e la diffusione dello spaccio e del consumo di droghe tra i giovani e nei ceti meno abbienti, il peggioramento e la degenerazione delle condizioni di vita della popolazione carceraria italiana.
‘In nome del popolo italiano’ film documentario (I diari della Sacher, 2001) di Valia Santella con Claudio Foschini da sabato 14 settembre Palazzo Pretorio Sala proiezioni
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