Brani scelti
Bologna 5.12.1982 (domenica d'inverno, fredda e assolata)
Caro papà, eccomi di nuovo. Sai che soffro di grafomania e soprattutto di comunicabilità, malattie che nessuno può curare ma in qualche modo stabilizzarle si, scrivendo molto. Ieri sono uscita con un ragazzo di diciannove anni, quasi un amico. Abbiamo fatto una interminabile passeggiata al centro, abbiamo chiacchierato, e ci siamo anche tenuti per mano. È stata una cosa molto tenera. La giovinezza sfacciata di Toni mi fa un po' rabbia ma in fondo, credo di avere sempre qualcosa da imparare e quindi serve anche questa sottile invidia di cui io sorrido dentro di me. (Essere giovani non è facile, non lo è mai stato). La sua incoscienza è così trasparente e naturale, che riesce a incantarmi può stupirmi e comunque mi trova ogni volta impreparata. Ha una tale voglia di vivere che mi sconcerta. La sua allegria è comunicativa e mi ha fatto sentire “ una sbarba di trent'anni”. Gliel'ho detto ma non credo che abbia capito, non poteva capire, vive in un alro mondo. Capirà quando avrà i miei anni. A volte lo sentivo imbarazzato, credo che una leggera soggezione lo inibisce un po', ma ho fatto di tutto per metterlo a suo agio; non è stato facile, capisci? Lui non conosce certi angoli della sofferenza e dell'amore. Crescerà, basta aspettare, non c'è bisogno di forzare niente. Crescerà da solo, e capirà. Papà, lo sai che non sono più capace di innamorarmi? È come se tutto quello che avevo da dare io l'abbia già speso e non mi resti che una sensazione di appagamento, di pienezza. A volte è una sensazione un po' amara, di vuoto, non senti più il desiderio di abbandoni passionali, di sfinimenti liquidi d'amore. Certo si soffre meno. È come vivere sempre un sorriso senza avere più la forza di una grande risata. È la serenità, padre mio, che sostituisce con gli anni la felicità, così sperata e poco conosciuta. Non è niente di male anche se il tormento riesce ancora a farsi sentire. E non è neppure eterna insoddisfazione. So che capisci cosa voglio dire, certi momenti del giorno sono penosi: per esempio alzarsi al mattino e non trovare altro che la propria immagine allo specchio. Ma sono momenti che si risolvono da sé. Anche tu provavi lo stesso struggimento, quando eri solo ma la speranza ti ha sempre sostenuto, non è vero? Che bello eri, padre mio! Bello dentro, nel cuore, negli occhi, nella testa. L'eredità che mi hai lasciato è la tua umanità. Non potrei non amarti. “Sarai con me perché ti porto dentro”.
Antonella
Bologna 20.12.82
Caro Stefano, ho tanta voglia e bisogno di vederti, che mi sono ridotta a scrivere di te e a te, per non perdere del tutto i contatti col resto di me che ti odia e non ti vuole. Vivo come se fossi la tua vedova con tutti i ricordi che mi hai lasciato, il tuo disordine, il tuo odore. È una persecuzione: oltre alla nostalgia, si aggiunge adesso il senso di abbandono. Che però non mi fa piangere, mai. I canali delle lacrime si sono seccati, quasi che la tua indifferenza avesse bruciato il loro liquido e il sale; non ho più parole per dirti in quale prostrazione mi hai lasciato e quanto astio riesce a vomitare il mio cuore. Sto qui e aspetto, chiedo di te all'Anna, pur di sentirmi dire che ci sei ancora, e che quindi posso continuare a strisciare, sperando che ti ricordi che esisto anch'io. Ma io non ti cercherò, dovessi morire per la voglia. Non meriti la mia attenzione, non meriti questo stupido, grande, dolcissimo amore.
Antonella
Bologna 17.1.83
Cara mamma, è la seconda volta che vengo a trovarti e tu sei stranamente dolce e disponibile. Allora, mi viene da chiedermi: cos'è successo? Che cosa ti rende così “buona” da farti sembrare perfino giovane d'aspetto? O che cosa ho mai fatto io, di così gratificante per te, che possa averti indotto a tornare una madre così normale? Questa inattesa novità mi rende un po' perplessa. In una vecchia cartolina della nonna, un giorno trovai scritta questa frase: “la carta parla quando la gente tace”. Sono costretta a scriverti per poterti comunicare le mie sensazioni.. Tra di noi non c'è ancora dialogo. Quando va bene, i nostri lunghi silenzi sono fatti di sorrisi e di rapide tenerezze; ma quando oggi mi hai detto: - Allora, cosa c'è di nuovo? - sono rimasta così sorpresa che non ho saputo che dirti e ho buttato lì un imbarazzante: - Tutto vecchio, mamma - Desideravo parlarti di me, dei miei problemi attuali, ma non c'è stato il tempo e nemmeno il modo; la tua domanda mi ha colta così di sorpresa che il fiato è stato più corto ed è ripiombato il silenzio. Peccato, un'altra occasione per aprirci buttata via; e sono occasioni così rare che bisognerebbe saperle sfruttare. Ma non ero proprio preparata. Io ti voglio bene, me ne rendo conto in questi giorni in cui sei così gentile. Sono i giorni come questo che non mi fanno pentire d'averti cercata, dopo anni di silenzio. Spero che capiti un'altra occasione, io di speranze ne ho da vendere. Resta il fatto che mi fa piacere vederti così, perché torni quasi bella come una volta, quanto ero bambina e avevo di te un'immagine incantata. Rimani così per un po', se non ti costa molto. Un bacione da tua figlia Antonella
Bologna 18.1.83
Caro Stefano, voglio rigraziarti per la passeggiata di oggi e per aver sopportato il mio silenzio, anche se ti deve avere annoiato non poco. Non riesco proprio a parlare, a trovare argomenti per intrattenere o per discutere; non c'è niente che abbia senso dire, o che io abbia voglia, solo un po', di comunicarti. Mi dispiace che io sia così, anche perché questi silenzi finiscono per logorarmi i nervi, lasciandomi confusa e amareggiata, quando te ne vai. Te ne vai sempre, Stefano. Non posso proprio più attaccarmi a te, volerti anche solo un po' di bene; è troppo difficile, fa troppo male. Tu non hai tempo per me, non hai energia da dedicarmi, tranne qualche volta, quando tu decidi di fare l'amore e allora ti fai un regalo e ti regali me, per qualche ora. Però la passeggiata di oggi è stata bella, c'era un sole magnifico e… e sei riuscito persino a farmi ridere. Sai Stefano, dicevo sul serio quando parlavo dei nostri litigi che non esistono più. È vero, non litighiamo più ma non facciamo più niente insieme. Ho fatto un voto di volontà: non mettere più niente per “noi”, neanche un banale litigio. E tu hai detto che queste cose non le dico seriamente. Ma l'aria che avevo nel dirti era seria e molto. In fondo, non te ne importa niente: ti sei tolto il dente e adesso stai bene. Così almeno ti racconti; non ti fai più domande, non ti poni problemi. Bravo continua così e mi perderai del tutto; un giorno riuscirò perfino a fare a meno del tuo sesso e allora per te, nella mia vita, sarà finità davvero e per sempre. Adesso ho ancora una brutta malattia che si chiama malinconia, e non riesco a dare un taglio netto alla nostra storia. Ma sta guarendo, piano piano, sto guarendo e presto sarò libera davvero. Sopportami ancora per poco, Stefano e vedrai che la grana te la risolvo io. Continua così: sei sulla buona strada per restare solo, senza un sentimento che ti scalda il cuore, sempre che tu abbia un cuore dentro tutto quel lardo. Ciao, Stefano.
Antonella
Bologna 31.1.83
Caro, carissimo Mario, giorni di sole, primaverili, si alternano a giorni cupi di fitta nebbia invernale, e danno al mio umore certi sbalzi repentini che lasciano stupiti tutti, me in primo luogo. Io resisto, mi oppongo, rimuovo, ma dentro la sento, tutta interiore e cancerogena, quella stanchezza che mi toglie la capacità di ridere. Vorrei non essere così metereopatica ma quando penso che tu, tutti questi sbalzi, li vivi per una sola ora al giorno (quella maledetta “ora d'aria”), allora mi do' della stronza. Ben venga, allora, il sole o la nebbia, ma l'illusione di libertà (che ti tolgono con la carcerazione) almeno a me è rimasta. Finché dura. Ciao, spero che il tuo ritorno fra noi sia presto, prestissimo.
Baci Antonella
28.12.83
Caro, carissimo papà, non era il Perù la meta di Mario. È partito stanotte per il Brasile, come un ladro, come chi scappa da qualcosa che odia e alla quale non tornerà. Mi ha telefonato dall'areoporto e ci ha messo solo tre minuti per dirmi: - Sono io, parto per il Brasile, ti scrivo appena posso. Abbi cura di te perché tornerò ricco e guarito e voglio trovare la mia sposa ad attendermi -. Ho riso e ho pianto a anche lui soffocava le lacrime con l'ironia. Avrei voluto vederlo ancora una volta ma tutto è stato preparato così in fretta che è rimasto solo il tempo che per una telefonata. Ti scriverò, ha detto. Spero davvero che lo faccia, voglio sapere che cosa fa, come vive, se vive. È mio marito, papà, e lo resterà per sempre. Ma il Brasile è lontano, così grande e lontano da sembrare una favola. Sarà bello ricevere sue notizie, rileggere le sue lettere. Sarà bello ritrovarlo. Papà, io credo che non sarà un'attesa lunga. Bacioni.
Antonella
1984
Siamo alla fine, amico mio. Ultime parole. Ultime sensazioni. Sarà un brutto distacco ma solo momentaneo. Per quanti giorni e notti mi hai ascoltato?. Quanti pianti hai assorbito, quante speranze porti scritte qui dentro? Non si contano, come non si contano le lettere dolorose, affettuose; gli stralci di pensiero di questi giorni particolari, mai uguali. Quanti personaggi hai guardato vivere e prendere forma, da me a te, attraverso le parole. E ora ci lasciamo, ma lo spirito resta, si trasporta solo in un altro quaderno. Sarà come sempre ogni giorno qualcosa da riportare: piccoli flash di vita quotidiana, quella che ha un sapore che a volte dimentico ma che poi torna. Io non posso stare senza scrivere, come se fosse respiro; ne ho bisogno per vivere. E le parole esprimono, a volte, il meglio di noi.
Antonella Federici "Lettere ai miei" diario, epistolario 1982-1984
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