Le scelte di un ebreo memoria 1936-1945
Giuseppe Lattes nato a Torino nel 1913 morto nel 1999
L'amore, il lavoro, la famiglia, le amicizie, la casa. La lista è molto più lunga, come una vita. Non c'è decisione da prendere incondizionatamente. Non quelle premeditate,né quelle impreviste. Scelte. Scelte da cui dipende la sopravvivenza, ma anche la felicità, la normalità di un uomo. Scelte che Giuseppe Lattes, dirigente d'azienda ebreo torinese, compie ininterrottamente a partire dal 1936, quando ventitreenne, durante una vacanza sulle pendici del Monte Bianco, si innamora a prima vista di una ragazza. Era bruna, snella, molto bella, disinvolta e non si dimostrava affatto impacciata a rispondere alle domande di uno sconosciuto,come ero io per lei;seppi così che era romana, diciannovenne, studentessa di terza liceo, e che era ad Entrèves con una zia, sorella di sua mamma, la quale risiedeva a Torino e stava facendo un viaggio turistico in automobile con uno dei suoi figli, oltre che con la nipotina romana. Il suo nome? Jolanda ma, in famiglia, Dada, da me tramutato subito in Dadà. L'inizio dell'idillio per ogni coppia normale. Ma nel 1937 la campagna antiebraica del regime e della stampa fascista cominciò ad essere più concreta ed intensa, ed io cominciai a dubitare del mio diritto di coinvolgere in qualche modo Dadà nel mio destino. Molti temevano che il governo italiano avrebbe subìto il nefasto influsso dell'alleanza con i nazionalsocialisti tedeschi. Io ero tra quelli e, nel corso degli anni 1937-1938, pur incontrandomi abbastanza frequentemente con Dadà e pur nutrendo per lei sentimenti sempre più intensi di simpatia e di amore, tentai più volte di troncare il nostro rapporto, imponendole più volte una separazione da entrambi sofferta. Ma l'amore è la scelta che prevale. Inizia una convivenza che porta alla nascita di una figlia, preceduta da un matrimonio clandestino. Le leggi razziali impediscono l'unione tra "ariani" e "non ariani". Per lo stato italiano, noi rimanemmo ancora, per anni, rispettivamente nubile e celibe, ed il nostro rapporto di coabitazione fu definito "concubinato". Lo stato italiano prese atto del nostro matrimonio solo qualche tempo dopo la liberazione di Roma quando io dissotterrai i documenti rilasciatici dal parroco, che erano stati dalla nonna Elisa sotterrati - protetti da una scatola di latta - nella cantina della abitazione. Ma prima c'è la guerra. Con l'ingresso dell'Italia nel conflitto, vivere a Torino diventa pericoloso. Il Calzificio in cui lavora Giuseppe viene bombardato, la famiglia si allarga con l'arrivo del secondogenito, dopo l'8 settembre 1943 i tedeschi occupano militarmente il territorio. La scelta giusta, questa volta, sembra essere quella di sfollare. Prima nelle campagne piemontesi, poi a causa della delazione di uno squadrista di Ala di Stura secondo il quale l'ebreo Lattes Giuseppe prendeva parte a riunioni di antifascisti per l'organizzazione di bande armate, l'orizzonte della salvezza si allunga fino a Roma. La famiglia di Dadà li accoglie appena dopo il rastrellamento del ghetto, il 16 settembre 1943, il sabato nero. Venne ad aprirci la nonna Elisa, questa per poco non svenne per la sorpresa nel vederci e per l'emozione. Ci spiegò poi che due giorni prima, aveva assistito, dalla finestra di casa, alla cattura di due o tre vecchi signori e di bambini ebrei, nella casa di fronte, da parte di militaridelle S.S. tedesche e dei loro complici italiani: uno dei bambini, in fasce, era stato letteralmente gettato dentro l'autocarro dei militari. Di scelta in scelta i Lattes riescono a sopravvivere fino alla liberazione di Roma e del Nord Italia, a rientrare a Torino, a ricominciare finalmente una vita non più schiava dei condizionamenti, al termine del conflitto.
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Il programma della 33^ edizione:
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