I vincitori del Premio Pieve |
Le lettere al padre, alla madre, al marito in carcere compongono il quadro tormentato di una vita di famiglia avvelenata dalla droga. Missive mai spedite che sondano il proprio vitalismo e, con esso, l'attualità, gli affetti, i rapporti umani, la dignità, l'amicizia, la morte.
Appassionate lettere d'amore inviate da una nobildonna milanese, madre di cinque figli, a un ufficiale dei bersaglieri. Dal fitto carteggio emerge la figura di una donna emancipata, che, esasperata da un marito insensibile, arriva, in pieno Ottocento, a chiedere la separazione legale.
Obiettivo dei terroristi di Prima linea, un architetto romano, specializzato nell'edilizia carceraria, subisce un attentato. Nonostante un colpo alla nuca, egli sopravvive, con una pallottola nel cranio e un grande desiderio: capire il perchè del terrorismo e il senso, se esiste, della violenza quale forma di lotta.
Da un difficile rapporto con i superiori nel corpo della marina militare, ad una posizione di comando nel fondo di una miniera di carbone a Liegi, la carriera di un "amatore" vicentino dalle spalle forti e dal cuore tenero.
Il mondo contadino dell'entroterra veneto raccontato da un operaio che approda al lavoro di fabbrica dopo molte peripezie. L'infanzia in campagna con la famiglia, il militare e la guerra che lo vede prima combattere in Albania e poi prigioniero in un lager nazista. La spontaneità dei sentimenti e la bontà di cuore gli saranno da guida fino al rientro nel suo mondo profondamente segnato dalla vicenda bellica: suo malgrado abbandonerà le amate mucche per entrare in fabbrica.
Lettere alla madre, al fratello, agli amici, inviate da una tossicodipendente in cura a San Patrignano: la presunta guarigione, il ritorno alla vita, la gratitudine verso Vincenzo Muccioli, la vita della comunità. Poi, tace per tre mesi e si uccide.
Tutta la vita di un contadino siciliano: sposato con la ragazza che ama contro il volere dei genitori, perde la moglie per un aborto, ed emigra con una nuova moglie negli Stati Uniti: dopo molti disagi, e la scomparsa prematura di un figlio, riunirà attorno a sé i famigliari sparsi per il mondo affrontando serenamente la sua vecchiaia e tornando ogni tanto in Italia.
Un muratore lucano decide di dedicarsi agli affari e cerca un salumificio che mille problemi porteranno al fallimento. Sgorga e procede come un fiume limaccioso il racconto delle sue sventure, fino alla necessaria emigrazione di tutta la famiglia al Nord. In Basilicata non è possibile l'imprenditoria.
Durante la carcerazione di Rebibbia un giovane romano di borgata scrive la sua storia di mala-vita, passioni famigliari e amicizie schiette: i piccoli furti da ragazzo e un'irresistibile ascesa nella delinquenza comune, con moto e pistola, fino alla droga e alle rapine che lo hanno portato all'arresto.
I ricordi autobiografici, fino ai vent'anni, di un figlio di contadini impoveriti, che si trasferisce a Roma per fare il domestico e fugge prima dell'arrivo degli Alleati nel '44.
Approdato all'isolamento per quarantena dopo decenni di emigrazioni fra l'impero austroungarico e il Nord America, un cittadino di Pordenone si mette a raccontare tutte le sue "disavventure" di manovale e minatore, affrontate per sopravvivere con la sua famiglia.
L'odissea di un falegname che va in guerra richiamato dall'esercito austriaco, finisce due volte in Estremo Oriente, combatte per austriaci e zaristi, poi scappa da una donna russa innamoratasi di lui.
Il matrimonio come prigione che impedisce di pensare e di manifestare la propria personalità: sposatasi giovanissima con un uomo arido e violento, l'Autrice, vittima di un esaurimento nervoso, sceglie per amico un diario cui confida i soprusi del marito e la difficoltà di educare i figli, turbati da un ambiente famigliare privo di amore.
Un giovane pisano si perde una sera per le campagne calabresi. Giunge in un casolare e lì conosce Giovanna. Nasce l'amore, che lei confida con determinazione alle pagine del diario e pudicamente nasconde nella quinquennale corrispondenza con lui. Fino al matrimonio per procura.
L'ambiente famigliare chiuso e ostile della Taranto del dopoguerra costringe una giovane maestra a sposare il marito violento della sorella scomparsa. Cronaca di questo assurdo legame matrimoniale.
"Zappaterra" sono i contadini ignoranti che accolgono l'orfana Magherita, la fanno rinchiudere nel suo isolamento che qualcuno chiama "malattia mentale", partecipano alle prime rivendicazioni proletarie. La strage di Marzabotto è per lei la rappresaglia causata dal comportamento dei partigiani e l'Emilia comunista guarda con sospetto a questa contadina che va in chiesa.
L'autore ha trentasei anni quando nel 1938 escono le prime leggi razziali contro gli ebrei. Durante la guerra, con la famiglia, è sfollato prima nelle Marche, poi a Magliano Sabina. Infine, tornati a Roma, si salvano anche grazie all'aiuto della Chiesa.
Cominciando dalla battaglia nella "valle della morte", in Russia, le peripezie di un membro dell'Armir (Armata italiana in Russia) raccontano anche della prigionia in Siberia e in Uzbekistan, dove molti muoiono di fame e malattie. Tre anni di inferno prima di poter tornare a casa, democratici e pacifisti per sempre.
Una storia piena di violenta suspense in una famiglia sarda che insegna a una bambina ad avere paura di tutti. Tra le mura domestiche subisce violenza prima dai genitori alcolizzati, poi da un giovane insensibile che riuscirà a sposarla diciottenne senza amarla mai. Emigrata a Wuppertal, dopo la morte di una prima figlia, ha la forza di troncare con il passato e di rifarsi una vita.
L'epopea picaresca di un siciliano semianalfabeta, classe 1899, raccontata in mille fittissime pagine, con il punto e virgola a dividere ogni parola dalla successiva. Così la guerra sul Piave è spogliata di ogni retorica - cinico e disincantato, Vincenzo pensa solo a dormire e mangiare -, poi vive la povertà del Meridione, la Libia e l'Abissinia in camicia nera, fa festa per lo sbarco degli Americani, pratica la borsa nera, favorisce il banditismo, sempre destreggiandosi fra mafiosi e carabinieri, contrabbando e legalità.
Ricordi di fanciullezza e adolescenza in una miseria senza disperazione, prima rubando patate e castagne nella campagna toscana, poi fuggendo l'aspro rigore del fascismo e l'orrore della guerra. Da adulto sarà tagliaboschi nei Pirenei, quindi manovale e cuoco nei dintorni di Londra, dove giunge senza comprendere una parola di inglese, infine operaio di zuccherificio a Parigi, dove la polizia, in lotta con gli algerini, lo guarda con sospetto.
Una signorina campana sposa, conoscendolo sul treno un militare abruzzese, e si trasferisce presso di lui. Rimpiangerà la leggerezza dei suoi giorni giovanili, tenterà ostinatamente e con successo di avere dei figli, ma non arriverà mai a tollerare l'ottusità benpensante della piazzetta popolata dal clan familiare del marito. Un'opera scritta di nascosto, durante la notte. Con allegati lettere e brani di diario.
Lo scontro frontale con un camion cambia la vita di un diciannovenne, programmatore informatico, che era stato pallavolista nelle giovanili di una squadra di A1. Nelle sue memorie, i ricordi opachi del coma e della sala di rianimazione, e poi un ritorno alla vita che lo porta a imparare di nuovo la dinamica e il senso delle azioni vitali più elementari, come respirare o alzarsi da letto.
Quando gli ex partigiani dell'Emilia offrivano ospitalità ai ragazzi lombardi che non avevano da mangiare, un bambino di quattro anni viene accompagnato dalla madre alla stazione ferroviaria. All'arrivo a Reggio Emilia lo attende un contadino che lo porta con sé e lo terrà in casa sua per otto anni. La scoperta della natura e l'affetto un po' burbero della nuova famiglia non gli fanno dimenticare la madre, dalla quale torna con slancio, anche se dovrà lavorare duramente per poter proseguire i suoi studi.
A quattro anni vive drammaticamente l'uccisione del padre, dirigente sindacalista di sinistra, per mano della mafia. Senza un sussidio da parte dello Stato, vive in miseria con la madre e il fratello. È però determinata a riscattare la memoria del padre, sulla cui figura si tace per anni, perché considerato dalla mentalità paesana un "morto ammazzato". Nel 1992, alla morte di Falcone, fa sentire anche la sua voce e da allora il padre Nicolò Azoti viene restituito alla storia del suo paese con la dignità di chi ha lottato ed è morto per i diritti dei lavoratori.
Attraverso lettere ai genitori e alla sorella, un giovane milanese, interessato alle culture orientali, racconta i propri spostamenti in vari stati asiatici e le esperienze di confronto con altre religioni, fino alla propria conversione all'islamismo. Nel 1974 si sposa con una giovane australiana e con lei si trasferisce in Australia dove nascono tre figli. L'invasione dell'Afghanistan da parte dell'Unione Sovietica lo riporta a fianco dei mujahiddin a filmare la loro resistenza. L'ultima lettera precede di tre mesi la sua morte sotto un carro armato.
Nella memoria di un siciliano emigrato in Australia il duro lavoro per costruire una casa per la famiglia e darle quell'agiatezza che non ha avuto lui da giovane, corre parallelo al dolore per la malattia del figlio più piccolo. Nato con una malformazione cardiaca, Marcello muore a quattro anni, lasciando un grande vuoto nei genitori. L'affetto dei cognati e degli amici permetterà loro di ritrovare un po' di serenità e di dedicarsi agli altri due figli.
Un giovane ufficiale di fanteria di stanza nella zona compresa tra il passo Rolle e la Val Cordevole, scrive alla famiglia dal fronte. Senza mai abbandonarsi alla disperazione o al lamento Sisto si rivolge ai suoi cari con ironia, rassicurandoli sempre sulla sua salute ottima, sulla grande capacità di adattamento, allegando fotografie dei paesaggi montani che vede, pieno di serenità per l’affetto e le premure familiari. Ma la morte, sempre in agguato in trincea, lo strapperà giovanissimo all'affetto dei suoi cari.
Un brillante studioso, appassionato di botanica, nel 1952 è ad Algeri per una campagna geo-cartografica, dopo aver lavorato tre anni a Montpellier. In Nord Africa riceve la lettera di Myriam, una giovane in cerca di lavoro. Leo risponde cortesemente e fra i due si innesta una corrispondenza epistolare che si fa sempre più intensa, destinata tre anni più tardi a concludersi nel matrimonio. All’amata Myriam, Leo confida le difficoltà lavorative, derivanti dall’assenza di titolo accademico. Trasferitosi a Bergamo presso una stazione sperimentale, tenterà di regolarizzare i suoi studi, ma un male raro e incurabile segnerà il suo destino.
Rinchiusa in un ospedale psichiatrico giudiziario e poi trasferita in comunità, una giovane calabrese nata in Germania ricostruisce il percorso di vita che, per colpa di una solitudine interiore, incomprensione e mancanza di affetto, l’ha portata a compiere un gesto violento nei confronti della propria psicoterapeuta. All’interno di queste strutture, dove dovrebbero aiutarla, vive un solitario cammino di reinserimento nella società e subisce l’ingiustizia di vedere persone colpevoli di azioni molto più gravi che tornano in libertà prima di lei.
Cinque anni di vita, a partire dal 10 giugno 1940, confidati a preziosi quaderni, a volte stracciati e a volte nascosti, ben celati alla polizia segreta. Magda, moglie del pittore Raffaele De Grada e madre di Raffaele Jr e Lidia è, come tutta la sua famiglia, una convinta antifascista. Un periodo tormentato e appassionato, vissuto tra Milano e San Gimignano, segnato da incombenze domestiche e da eventi bellici, da spostamenti e da bombardamenti. La famiglia è presto abbandonata dalle altolocate conoscenze devote al regime; gli amici più cari compreso il figlio, membro attivo della resistenza, vivono l'esperienza dell'arresto e della detenzione o, come la figlia Lidia, quella dell'esilio. Il 7 maggio '45, con la famiglia nuovamente riunita, Magda annota, nella pagina conclusiva del suo diario, è bello vivere e soprattutto aver vissuto così.
Nel 1939, Ettore e Adele, appena sposati, partono dall’Italia per raggiungere la Palestina e sfuggire alle
Quando nel 2008 Castrenze decide di iscriversi alla scuola media, a settantatrè anni, ha uno scopo preciso: nonostante l’età vuole imparare a “scrivere meglio” per raccontare il periodo più travagliato della propria esistenza. L’Odissea della mia vita che per quanto triste possa apparire è valsa la pena di essere vissuta è il risultato, ottenuto con fatica e grande forza di volontà, del suo impegno. La narrazione copre un arco temporale che va dall’inizio del Secondo conflitto mondiale fino ai primi anni Cinquanta: sullo sfondo una Sicilia arcaica, ancorata alle condizioni economiche e sociali del XIX secolo, dove vige quel latifondismo che contrappone pochi benestanti a migliaia di famiglie poverissime.
Quando nel luglio del 1940 la madrina di guerra Anna Marucelli invia la sua prima lettera al tenente Francesco Leo, non immagina certo che si sta rivolgendo al futuro padre dei suoi figli. Lei è una giovane fiorentina che vive a Roma, dove lavora come insegnante mentre lui, milanese, dopo avere aver combattuto come volontario in Africa orientale ed essere stato congedato, insofferente della vita civile, rientra nell’esercito e finisce in Libia dove lo coglie lo scoppio della guerra.
Giugno 1994: il genocidio dei Tutsi insanguina il Rwanda. Gaddo Flego è lì, ha trent’anni e lavora per Medici Senza Frontiere. Una testimonianza unica per ripercorrere “da dentro” una vicenda fra le più buie della nostra storia. Gaddo Flego entra in Rwanda dall’Uganda nel giugno del 1994 e si trova a compiere la sua missione umanitaria, come volontario nelle zone controllate dal Fronte patriottico ruandese. Vi resterà fino a guerra finita. C’erano, in quelle settimane e in quella parte del Paese, pochissimi espatriati. L’eccezionalità di queste pagine è quindi evidente.
Il diario della Prima guerra mondiale del sottotenente Giuseppe Salvemini, nato nel 1897 a Castiglion Fiorentino in provincia di Arezzo, sembra diviso in due parti scritte da autori diversi. Della prima è protagonista il Giuseppe che si arruola volontario prima ancora di concludere gli studi, che frequenta l’Accademia allievi ufficiali a Modena, vive in pieno la sua età ponendo al centro della vita l’amicizia, l’amore e le passioni scatenate dall’incontro con le ragazze che conquista durante il periodo di addestramento. Poi la guerra trasforma l'entusiasmo in atroce consapevolezza.
Figlio di genitori comunisti, poi balilla e avanguardista e infine comunista egli stesso. Nasce a Roma nel 1926 da Alfredo e Alma e cresce in una famiglia allargata, tutti parenti scappati da Pistoia per fuggire alle persecuzioni del regime, pronti a ogni compromesso pur di costruire una vita normale intorno a quel bimbo. Pronti a comprargli il corredo da balilla per andare scuola. Pronti a lasciare che la propaganda plasmi la sua mente fertile. Pronti a indossare una camicia nera. Ivano assiste alla promulgazione delle leggi razziali, allo scoppio della Seconda guerra mondiale, al bombardamento di San Lorenzo, alla nascita della Repubblica sociale. Ma è attraverso le piccole esperienze quotidiane che forma la propria personalità e coscienza critica. Con gli anni del liceo e la scoperta dell’amicizia arrivano il cinema e la sessualità, la musica e la libertà. Il blues. Emancipazione culturale che sfocia nell’adesione al Pci.
In un giorno di aprile o maggio del 1954, il ventenne Antonio Cocco nato a Padova e cresciuto a Venezia, muore difendendo la Ridotta Isabelle a Dien Bien Puh, in Vietnam, combattendo sotto la bandiera della Legione Straniera francese la guerra d'Indocina.
Una vita in mare, per un ragazzo che a 16 anni, nel 1822, rimane orfano di padre e viene imbarcato per la prima volta come mozzo su un veliero che fa il piccolo cabotaggio dal golfo di Trieste a Venezia. È un’epoca in cui l’Adriatico bagna le coste dell’Impero austriaco e le navi che solcano le acque sono ancora, in gran parte, quelle a vela. Luca diventa un uomo, ancor prima che un capitano, battendo palmo a palmo i principali porti e le località più recondite del Mediterraneo. Luca scopre la vita e osserva, compara culture caleidoscopiche che si sovrappongono in un fazzoletto di mondo. Da Smirne a Costantinopoli. Proprio nella capitale dell’impero ottomano trova l’imbarco come secondo a bordo del "Quirino" e, veleggiando verso Amsterdam, vive nel 1833 l’esperienza del naufragio. Un naufragio che non lo lascia a terra. Il futuro capitano Pellegrini salpa ancora alla volta dell’Africa e del Sud America e come sempre osserva e riflette.
Un racconto appassionante che prende l’avvio dalle vicende del padre, che paga con la prigionia austriaca il suo patriottismo, e si snoda fino al crepuscolo del regime fascista. Educata al senso della patria e alla passione per la cultura, Eugenia farà delle scelte audaci per la sua epoca. A fine Ottocento, si laurea in Lettere a Napoli, unica donna del suo corso. Dall’incontro con Gherardo Pantano, ufficiale dei bersaglieri e poi generale, nasce una storia d’amore lunga tutta la vita. I due si sposano dopo un decennale fidanzamento e condividono un rapporto paritario piuttosto inusuale per quegli anni. Sempre al suo fianco, Eugenia viaggia, vive nelle colonie e diventa crocerossina per seguirlo al fronte nella Prima guerra mondiale. Protagonista senza retorica di pagine importanti della storia italiana, la sua memoria ci consegna un ritratto raro e significativo di una persona dalla forte fibra morale capace di posizioni coraggiose e libere.
Un bambino nato nei bassifondi di Napoli, nel 1960, sogna ad occhi aperti: sogna la libertà, fuggire via dalla miseria in cui vive, dalle violenze che di lì a poco, a soli 7 anni, subisce da uno dei tanti uomini che frequentano la casa della madre prostituta. Quel bambino violentato finisce in collegio, poi per strada a chiedere l’elemosina. Ovunque continua a subire. Quel bambino sin da piccolo si sente diverso, e presto comprende la sua natura. Dentro di lei è in atto una metamorfosi. A 13 anni inizia a vendere il proprio corpo per sopravvivere. Tania per molti anni vive tra Napoli, Roma, Firenze, e altre province del centro Italia. Si sottopone all’intervento di vaginoplastica, corona il sogno di avere un corpo femminile. È desiderata da molti clienti, ma non troverà mai un uomo da amare, e che la ami. Abusa di alcol e droghe, dall’età di 39 anni entra e esce dalle case di recupero, fino a concludere il percorso di disintossicazione nel 2005. Trova riscatto nel lavoro, finalmente libera dalle dipendenze.
Nato a Saluzzo in provincia di Cuneo nel 1921, nel 1942 frequenta la scuola di Cavalleria a Pinerolo. Nel ’43 si sposa con Vittorina poco prima della caduta di Mussolini: l’epilogo dell’8 settembre è già nell’aria e Furio viene richiamato con il suo Reggimento, il Lancieri Vittorio Emanuele II, a difendere Roma. Passando attraverso non pochi tormenti, sceglie di non aderire a Salò e di passare alla lotta partigiana, tornando tra le sue valli piemontesi, intorno a Boves dove agisce una delle prime bande di ribelli e dove è attivo anche il fratello Ezio. Per Furio la decisione più coerente con il suo percorso di vita: sarà comandante partigiano tra le valli del cuneese e dell’astigiano, fino a guidare la Brigata dell’Ordine come vice-comandante nella Liberazione di Savona dell’aprile ’45.
Nato a Udine nel 1883 in una famiglia di conciapelli, Ado dovrà abbandonare gli studi nonostante la “distinzione” con cui ottiene la licenza elementare. Scrive la sua memoria nel 1916, poco prima della chiamata alle armi per difendere la stessa “maledetta patria” che lo ha costretto a una vita di migrazioni, povertà, lavori durissimi in condizioni al limite della sopravvivenza, e che gli sta chiedendo di combattere il “nemico” dal quale ha dovuto elemosinare il lavoro per sopravvivere. Ado ha lavorato in Baviera, Austria, Slovenia e Italia. Arruolato il 27 luglio 1916, muore di febbre spagnola a Legnano il 7 ottobre 1918. I libri dei premiati sono in vendita presso l'Archivio e nel negozio online. Consulta l'elenco dei titoli disponibili. |