Giacinto Mario Guala Stampa E-mail
Guala   nato a Sanremo (Imperia) nel 1912, morto nel 1985
Idee nere
diario 1943-1945

Inizio questo mio il giorno che è giunta la notizia che la Patria capitolando ci abbandonava in terra Straniera: è l’indomani dell’8 settembre 1943, la data dell’annuncio dell’armistizio con gli Alleati e della fine dell’alleanza militare tra Italia e Germania. Mario è un giovane sottufficiale ligure che si trova da quattro anni con il suo reparto militare in Montenegro, vicino Podgorica, dove arrivano le notizie più incerte sulle sorti dell’Italia. La mancanza di precise disposizioni sul da farsi da parte dei Comandi militari lascia migliaia di uomini abbandonati a se stessi nell’ora più tragica dall’inizio della guerra: in fureria hanno dei fascetti i quali verranno dati a chi vota per andare coi tedeschi e li dovranno portare sul berretto gli altri che non ritireranno saranno i badogliani cioè quelli che seguiranno l’esercito in galera. La famiglia diventa la prima preoccupazione per Mario: il pensiero verso i suoi cari e la moglie incinta del secondo figlio lo fa desistere dall’idea di unirsi alle formazioni partigiane tra le montagne, ma rifiuta anche quella di continuare a combattere con i tedeschi una guerra di cui non capisce il senso. Forse Dio mi darà la forza di saper subire fino alla fine questa vigliaccheria, forse diventando padre si diventa anche vigliacchi, credo però sia anche l’amore che lo fa diventare, perché si ha paura di perdere tutto il mondo non solo cosa si possiede. Mario accetta la condizione di prigioniero di guerra, consapevole di essere destinato alla galera. Viene trasferito da Podgorica a Scutari, quindi a Urosevac, dove con altri 1000 prigionieri sale su un treno destinato a Belgrado, per lavorare in un campo fino al febbraio successivo quando verrà deportato in Germania. Qui i prigionieri vengono registrati come internati militari, uno status che li sottrae da ogni tutela. La tappa definitiva è Braunschweig, dove si lavora tra sofferenze fisiche e morali di ogni genere, in mezzo ai bombardamenti. Il pensiero corre sempre a casa, al bimbo nato a gennaio e alla moglie ed è tanta la nostalgia, ma anche la gelosia, la paura di perderla e la rabbia nei suoi confronti per la freddezza che traspare dalle poche lettere che riceve. Che idee nere mi prendono in questo posto lugubre non solo per quello che si vede ma anche per se stesso. In più ci sono le ore notturne che non dormo e allora costruisco castelli e idee spaventose come quelle che Rita s'affanna a raccontarmi che il bimbo mi somiglia molto come se a lei fosse timore che la somiglianza anche darebbe il dubbio che non è mio. Mario riconosce le distorsioni morali provocate dalla guerra, resiste alla disperazione e proprio dall’amore per la famiglia trae coraggio per superare quelle terribili prove. Passa un altro inverno, le notizie sono più confortanti ma nonostante l’arrivo degli americani i prigionieri italiani vengono trattenuti qualche tempo a lavorare per gli inglesi. Mario conclude il diario in data 29 giugno 1945 con la notizia dell’imminente partenza per l’Italia: Forse domani e questo giorno non viene mai questo è il guaio.

 
 
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