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nata a Forlì nel 1956 Dacci oggi la nostra paranoia quotidiana memoria 1972-2008 |
Animata da una grande volontà, sostenuta da una buona intelligenza, Paola si diploma e frequenta con profitto l’università ottenendo sempre l’assegno di studio e svolgendo poi i lavori più modesti pur di difendere la propria autonomia e indipendenza. Gli anni universitari rappresentano la sua emancipazione e a Bologna trascorre il periodo più sereno, raggiungendo risultati brillanti negli studi, vivendo liberamente lontano dalla famiglia e intessendo nuove relazioni. La laurea, conseguita con il massimo dei voti, le permette di accedere a buone occupazioni: dopo un primo lavoro come collaboratrice scolastica, è impiegata in un istituto bancario e poi, vincendo un concorso, accede al tanto ambito pubblico impiego. Ogni attività, a differenza dello studio, la inaridisce e le impedisce di esprimere totalmente la sua personalità. Tale disagio coinvolge anche la vita privata e questo la porta alla depressione e a cercare spesso rifugio negli ideali che la società post sessantottina inneggiava come nuovi valori. Avevo deciso di fare la donna emancipata: erano gli anni Settanta, e andava così. Una donna libera e indipendente doveva amare il sesso come un uomo. Altrimenti era repressa. La retorica degli anni ’70 aveva sostituito quella degli anni ’50. Ma non ce l’ho mai fatta, a farmelo piacere: usavo la libertà sessuale per conquistare, per far vedere alle potenziali prede che ero disponibile e disinibita, la finzione per un po’ poteva reggere perché c’era tutto il gioco mentale della caccia e della conquista. Ma quando si diventava “coppia”, cadevano tutte le sovrastrutture che avevo cercato di mettere insieme per essere al passo coi tempi. Lo stato di malessere obbliga Paola ad allontanarsi da una quotidianità vuota e opprimente. E ad affidarsi inutilmente alle cure di una psicoterapeuta e del medico di base che spesso la imbottiscono di psicofarmaci che offrono solo per un breve periodo un senso di pace; l’instabilità emotiva e relazionale è evidente e, come lei stessa esprime, la sua vita oscilla tra bisogno di protezione, solitudine desiderata, libertà da tutto e da tutti. Nel tempo, la scrittura diventa la sua terapia e costituisce il momento in cui può spogliarsi di tutte le maschere, i ruoli, gli obblighi che la società impone e, con schiettezza e profonda lucidità e consapevolezza, manifestare il suo dissenso. La continua insoddisfazione lavorativa, il rifiuto di schemi e di comportamenti attesi da una società a lei estranea, i viaggi spesso programmati con la volontà di fuggire da un mondo che la opprime e, al contempo, l’incapacità di allontanarsi da quella realtà e da quelle persone e abitudini tanto criticate, mettono in luce una personalità controversa, ma sempre alla ricerca di un equilibrio e di una pace che solo poche persone, in particolare il suo compagno, e rare situazioni le riescono a donare.
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