Otto-Novecento autobiografia 1882-1938
Gio Bono Ferrari nato a Camogli (Genova) nel 1882, morto nel 1942
L'emigrazione estrema, la volontà di affermazione personale, la ricerca dell'impresa economica, i conti con la guerra, la solidità dei valori familiari, la cura degli affetti, i lutti sempre incombenti. In una sola vita, quella di Gio Bono Ferrari, il vissuto generazionale di milioni di italiani tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento. A tre anni è a Buenos Aires in Argentina con il padre emigrato e la madre, della quale resta subito orfano a causa di una terribile epidemia: il morbo nero del vaiuolo. Torna in Italia dai nonni, frequenta le scuole e quando compie dodici anni attraversa di nuovo l'oceano. Solo. Feci il viaggio in 3° classe, fra i poveri emigranti che espatriavano in cerca di pane e di fortuna. Mi sentivo tanto a disagio! E so, rammento, di aver sofferto tanto! Mi trovai in mezzo al Babbo, alla mia seconda Madre. Mi fecero festa, ma io sentivo il mio piccolo cuore chiuso.Mi sembrava di essere un estraneo. Il tempo normalizza i rapporti, Gio Bono va per tre anni a scuola serale per diplomarsi contabile e lavora nel negozio del padre, fin quando questi non decide di rientrare in Italia e non gli propone di rilevare l'attività. Rifiuto. Volevo far vedere a tutti che ero buono e capace di crearmi una posizione indipendente. È il 1904. Così li lasciai partire.Stetti sul molo fino ache il vapore non si dileguò nella bruma acquosa del Rio de la Plata. Poi mi chiusi il cuore ben bene stretto nel petto e mi dissi: a lavorare. A lavorare come impiegato in una Casa di Commercio nel Chaco. In una zona rurale, ostile. Mi trovavo in un deserto. Nessuna bellezza. Nessuna comodità. Pianure sconfinate. Terre vergini ovunque. Tipi di pastori, di gauchos, di cavallari, brutti, tutti armati fino ai denti, sempre disposti a darsi delle coltellate per un qualsiasi nonnulla. Nessuna persona con la quale poter passabilmente passare quattro parole. E non un bel visino di ragazza. Gio Bono fa ricorso alla caparbietà e ai suoi 22 anni, arriva al successo nel lavoro, mentre per l'amore deve aspettare un lungo viaggio in Italia, anni dopo, durante il quale incontra la futura moglie Ninuya. Quando decide di sposarsi, lo scoppio della Prima guerra mondiale lo costringe a rinviare i suoi piani. Decide di presentarsi volontario. Bisognava prima fare il soldato, compiere il proprio dovere verso la patria. Poi, a pace avvenuta, se Iddio lo permetteva, il matrimonio. Il racconto dell'esperienza bellica è un lungo flusso di coscienza, sequenza impressionistica di ricordi e di dolore. La colonna dei richiamati in marcia per le vie di Genova. Le scene pietose: il modesto maestro di scuola accompagnato fino alla stazione dalla moglie e dai trè piccoli figliuoli piangenti. Poveri bimbi. Il rondone notturno lungo le rive del Tanaro, ove si nascondevano dei disertori, spalleggiati dai vecchi contadini. Le fucilate e gli spari contro di noi, a tradimento. La guardia ai prigionieri austriaci ammutinati. La loro disgraziata sporcizia.I racconti dello slovacco Raducovicht. La nostalgia dei suoi bimbi. I casi pietosi che si vedono al Distretto. Le mogli e le madri che si presentano con i telespressi chiamate dalle Direzioni degli Ospedali Militari per andare ad assistere gli ultimi momenti dei loro cari. La Madre vedova in cerca del figlio sperduto dopo la presa di Gorizia. La sposa con tre piccoli bambini in cerca del sussidio. Il calcio di un cavallo lo manda all'ospedale con le costole in frantumi, ma Gio Bono riesce a vedere la fine del conflitto, a gioire per la nascita di due figli e a piangere per la scomparsa prematura di altri due. Fino alla morte lavora come perito nel settore agricolo e si dedica alla scrittura di libri, di successo, di storia marinara.
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Il programma della 33^ edizione:
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