venerdì 9 settembre ore 21.00 Teatro Petrarca Arezzo
Italiani cincali uno spettacolo di Nicola Bonazzi e Mario Perrotta diretto e interpretato da Mario Perrotta
Sono da poco trascorsi 60 anni dalla tragedia di Marcinelle, evento simbolo dell’emigrazione italiana nella seconda metà del Novecento. La mattina dell’8 agosto 1956 un incendio, divampato in una delle molte miniere del Belgio in cui lavorano migliaia di nostri connazionali, provoca la morte di 262 persone. Commemorare per salvaguardare un frammento prezioso di memoria collettiva. Ma soprattutto commemorare per ricordare che siamo stati emigranti fino a ieri, e che emigravamo, lavoravamo e vivevamo in condizioni disumane e inaccettabili. Inaccettabili ieri, inaccettabili oggi.
“Italiani cìncali” impartisce questa lezione con il sublime linguaggio dell’arte. È lo spettacolo attraverso il quale Mario Perrotta, come si legge nella nota di regia, si è misurato con l’emigrazione italiana nelle miniere di carbone del Belgio, raccontata attraverso un’epopea popolare, fatta di uomini scambiati con sacchi di carbone, di paesi abitati solo da donne, di lettere cariche di invenzioni per non svelare le condizioni umilianti di quel lavoro, di mogli che rispondono a quelle lettere con le parole dettate dall’unico uomo rimasto in paese: il postino. È lui che racconta tutto quello che ha visto, sentito, letto e scritto. Racconta come può, come deve, ricostruendo uno spaccato violento e amaramente ironico di un Italia uscita dalla guerra e pronta ad affrontare il boom economico. E così che le sue storie, così apparentemente personali, ritraggono senza ipocrisia, uno dei capitoli più amari della nostra storia repubblicana.
I miei cìncali
Cìncali cioè: zingari! Così credevano di essere chiamati gli italiani emigrati in Svizzera; pare, invece, che fosse una storpiatura di cinq, “cinque” nel linguaggio degli emigranti padani che giocavano a morra. Quasi un anno di testimonianze, un anno di memorie rispolverate a fatica. Ho preso la macchina e ho girato senza un luogo preciso dove andare, eppure il Sud è tutto uguale, non hai bisogno di sapere dove qualcuno ha preso le valigie ed è partito: basta entrare in un bar, un bar della provincia e chiedere. La risposta è sempre la stessa: – qui tutti siamo emigrati... Si fanno pregare, un attimo soltanto, poi partono con la loro storia, infinita, che reclama ascolto. Anche il Sud è infinito: tra i paesi montani del nord-est produttivo ed è ancora Sud. Per i Belgi, gli Svizzeri, i Tedeschi che chiedevano braccia dopo la seconda guerra mondiale, Sud era la Puglia, la Sicilia, la Calabria e Sud era il Veneto, il Friuli: - siamo emigrati tutti qui ...- Negli archivi pubblici e privati trovo lettere, diari salvati per miracolo ma loro non hanno più nulla: meglio dimenticare, dicono. Ma la memoria è importante perché nel 1990, quando nel Salento è sbarcata la prima carretta del mare carica di albanesi, c’erano ancora 1.000 bambini italiani clandestini in Svizzera. Negli anni ’70 erano 30.000...
Mario Perrotta
in collaborazione con il Comune di Arezzo
ingresso gratuito
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Il programma della 32^ edizione:
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