Ho una storia personale con questo diario. Nel 1987 ero nella commissione di lettura quando il testo è arrivato, e la prima volta che l'ho letto non sapevo che Stefano fosse morto. Così, provavo la rabbia benevola e tutta femminile di chi si trova di fronte a un ragazzo che, senza troppa originalità per un ventenne, considera le donne esseri inferiori. Non risparmia a se stesso pesanti autocritiche, ma come non leggere dietro la frizzante serie di epiteti con cui si definisce, un'affettuosa e nemmeno troppo celata forma di esaltazione narcisistica? Il diario è il luogo in cui Stefano Procopio si scopre e si descrive. Totalmente diverso da come i genitori lo descrivono. Nella vita reale pieno di slanci generosi e altruisti, nel diario molto riversato su di sé, quasi egoista. Sono felice di aver letto il diario di Stefano pensando a lui come a una persona viva. Mi sono arrabbiata, ho desiderato conoscerlo, mi sono immaginata un nostro incontro a Pieve, durante il premio di settembre. La sensazione di questa prima lettura non mi ha mai più lasciato. Poi, ho riletto quelle pagine, quando ho scoperto che un incontro non sarebbe mai avvenuto. La rabbia si è stemperata e ha lasciato il posto al senso tremendo di impotenza che ti affligge ogni volta che perdi una persona cara. E per me sapere che Stefano era morto è stata davvero una perdita.
Siamo arrivati vicinissimi a pubblicarlo questo diario. Un attimo prima di decidere che la collana Giunti avrebbe cessato le pubblicazioni, l'editore si era lasciato scappare un sì. Luca Ricci e io avevamo faticato molto per ridurre il diario della metà. Fare un lavoro di questo tipo in due, su un testo del genere, è una vera impresa. Prevalgono due punti di vista, due diverse sensibilità e alla fine cosa resta e cosa se ne va è il frutto di una vera battaglia. Anche per questo lavoro sono molto affezionata al diario di Stefano Procopio. I brani che ho scelto rappresentano lo Stefano maschilista e un po' egocentrico che pensa di odiare tutte le donne fino a che si accorge di amarne una. Dargli uno spazio sulla rubrica "Pagine" mi sembra una restituzione doverosa e un modo per far conoscere lo Stefano che ho incontrato io la prima volta, quando ancora non sapevo. Mi rendo conto che avrei potuto scegliere cento altre pagine che avrebbero dato di Stefano un'immagine diversa, ma è a questa che sono affezionata irrimediabilmente.
Loretta Veri
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