7 luglio 1943
Al giovane Filippo il primo saluto di una ragazza di 14 anni (torta e candeline solo in sogno però - mannaggia – ora mi fregano la marmellata) ma tutto questo fra parentesi perché non è bello né istruttivo. Ed ora – guardiamoci un poco negli occhi mio caro. Ben niente di divertente. Ma davvero Filippo, stasera doveva esserci il mio primo ballo con un vestito bianco che mi aveva scelto Alberto. E invece maledizione quando sarò vecchia e racchissima, solo allora potrò comparire in società a danno di quest'ultima. Ma oggi sono allegra e pazza. Sono talmente pazza che ho impiastricciato i miei zoccoli nuovi con figurine tagliate dal Bertoldo e tutte pitturate. Ho una vaga idea che mi metteranno dentro per insulto alla pubblica dignità. E che m'importa? Oggi sono vispa e arzilla come Fiammetta. Scusami Fi, non trovo miglior paragone. Dopo mezzanotte ha infuriato un temporabile terribile con lampi e tuoni e intermittenze continue. Una cosa terribile, mai vista. Filippo, vuol dire che è un segno per me. Bene, qua la mano ragazzino, non sarà mica una fregatura come quello dei sogni degli ufficiali di marina. (…) Sono sbocciate un sacco di magnolie sulla pianta davanti alla mia finestra. Non poteva esserci un regalo più carino. Chissà se un ignoto ammiratore mi manderà un mazzo di gardenie, naturalmente che sì. Quando morirò un certo signor Dumas scriverà un romanzo per me intitolato “La signora delle gardenie” con Greta Garbo e Robert Taylor (Ah i dolci ricordi).
8 luglio Filippo, credi che in un giorno si possa raggiungere un attimo di perfetta felicità. Io credo di sì. Non la vera felicità, quella è una cosa soprannaturale, non legata a nessuna cosa terrena, un istante solo che viene così all'improvviso, schiudendo un mondo meraviglioso. Tutto in quell'attimo diventa molto più che sublime, non c'è un aggettivo per esprimerlo. Ma quello che ti ho detto capita una sola volta nella vita, quell'attimo di quella notte lontana, un piccolo lampo al magnesio, c'est tout. (…) Quell'attimo l'ho vissuto oggi al fiume. Ero distesa su una barca che andava sola, pigramente sul largo fiume. Sopra di me solo il cielo striato di nubi, una musica veniva da un restaurant più in giù, il mio cuore era ubriacato da un solo pensiero, Mirella mi aveva invitato a passare un mese a Rapallo. Questo voleva dire che non l'avrei rivisto. Nel mio cuore danzavano una ridda folle quelle sole parole. Lo rivedrò, magari fra una settimana, una settimana soltanto. Passavano davanti ai miei occhi tutti i ricordi che avevo di lui, il suo viso in tutti i momenti, le sue mani eano dappertutto; le picole onde del fiume, le foglie dei salici che tremavano, i suoi occhi erano il cielo. Il vento mi passava tra i capelli carezzandoli indietro, piano prima una ciocca, poi l'altra, come faceva lui e quelle erano le sue dita. Volevo vedere,vedere, vederlo ancora e i miei occhi si facevano più grandi per cercare il suo sorriso nel più remoto angolo del cielo.(…) Adoro i fiumi larghi, lenti, che hanno la maestà e l'imponenza di un dominatore. I colori dell'acqua piana, nei gorghi, così limpida, quell'improvviso temporale con quei colori dei pioppi, dei salici, delle immense rangées di alberi di tinte diverse a pennellate larghe, i cumuli di nubi ammassate, quel verde così strano che tutto dominava. Ed ora è tutto finito.
Venerdì 27 Le pene di questi ultimi tempi mi hanno fatto diventare silenziosa. Ancora più silenziosa. Gli altri trovano nel mio silenzio la noia. Io trovo la serenità. Mi piace ascoltare. Ma il rumore delle parole, il loro significato non mi interessa. Di giorno è squillante, certe volte stridente, come cicale. Di notte è profondo, pulsante, come le stelle. Le stelle pulsano col battito dei grilli. Se non fosse così stancherebbero gli occhi. Se le stelle cadenti fossero rumore, che cosa terribile sarebbe una notte piena di stelle. Forse mi esalterebbero, come il rumore di una battaglia, come il canto di un trionfo. Ma passano silenziose. Il loro silenzio è speranza o rassegnazione? La luna in eclissi, un bambino dice: la luna è marcia. I bambini e i poeti futuristi si assomigliano. I poeti sono pazzi o sono eroi, ma il loro sacrificio è vano. Il resto dell'umanità parla, parla, parla. Ha un continuo bisogno di parlare. Forse il silenzio delle cose li spaventa, o è il bisogno di sentirsi dominatori delle cose. Non lo sono, gli uomini sono vili. Non sanno che il loro rumore è una nota stridente, discordante. (…) Certe volte vorrei non sentire niente. Solo le voci della natura, solo il silenzio della natura. E immeggermi così profondamente in essa da divenirne una parte iscindibile. Come gli alberi, le rocce, l'acqua del ruscello. Solo così potrei trovare la pace. E la saggezza.
8 settembre 1943 Filippo, è arrivata la pace. Non so dirti altro, non so ripetermi altro che è arrivata la pace. Figurati cosa significa questo per centinaia e milioni di persone, è arrivata la pace. Avevo quasi la febbre, sono corsa in strada per vedere se era vero, il cuore mi batteva, gli occhi mi bruciavano. Un uccellino piccolo piccolo era caduto. Chissà da dove. Un'anatra lo beccava. Me lo hanno portato e lo stringevo nel pugno e correvo. La pace. Una brutta pace. La resa senza condizioni. Ma cosa importa Filippo. Bella o brutta è la pace, la pace. (…) Nelle strade la gente ha gridato, cantato a lungo, a lungo. I semplici e puri di cuore erano felici. Gli altri no. Mi sentivo anch'io semplice e serena. Come non mai. (…) C'è un grillo dietro al mio letto, non mi era mai capitato. Canterà gioia o dolore?
domenica 12 (…) Venerdì è cominciata la cosa terribile. L'esercito italiano è disfatto, la Patria distrutta, è perduto l'onore. Arrivano i soldati a gruppi di quattro o cinque, laceri, scalzi, con i fagotti sulle spalle, con i visi sfigurati, i tedeschi hanno strappato loro le stellette. L'orrore e il terrore della situazione. (…)E' terribile come la storia si ripete. L'uomo non è responsabile delle proprie azioni, è legato a un destino che gira immutabilmente per l'eternità. Si aspettavano da un minuto all'altro l'invasione tedesca. Il cielo era grigio, afoso, un dito terribile sembrava sospeso nell'aria. Veniva voglia di scappare, scappare verso un cielo più puro, per poter respirare. Per poter vivere.
Vittoria Cozzi "E' arrivata la pace" diario 1943
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