I frammenti estratti dal diario di Paolo Severi dal titolo 231 giorni, edito da Frontiera, Milano, nel 2000, sono stati selezionati dalla sottoscritta come parti più significative che narrano un'esperienza di carcerazione. Si tratta di un diario (scritto quasi giornalmente) dove l'autore racconta nei dettagli e con ironia, il proprio percorso di carcerazione; una detenzione “breve”, 231 giorni appunto, ma vissuta con intensità e soprattutto narrata, scritta, registrata e comunicata attraverso la pubblicazione. Non è cosa rara la scrittura di sé in carcere; molti detenuti utilizzano carta e penna come non avevano mai fatto prima. Varie sono le forme di scrittura intima che troviamo in carcere: rintracciamo la scrittura di poesie, di lettere, di diari e di memorie. Si scrive per non dimenticare, per pensare, per stare con se stessi e con chi si ama, si scrive per dare un senso a questa drammatica parentesi della propria esistenza. Ecco, è questo quello che ha realizzato Paolo Severi; ha scritto il suo diario per sopravvivere, per resistere e per non perdersi. Anche e soprattutto in situazioni difficili la scrittura di sé si manifesta come un importante bussola per non perdersi, per orientarsi e per riprogettarsi e Paolo Severi effettua questo processo pedagogico attraverso un percorso autoformativo. Ad un agente che gli chiede il motivo della scrittura del diario Paolo Severi, nella pagina datata martedì 30 gennaio, risponde: Mi salvo la pelle scrivendo. Ed è lo stesso autore con una sorprendente lucidità e consapevolezza, che prende atto del potere della scrittura di sé nei luoghi di carcerazione. Utilizzo spesso questo testo nei primi incontri dei laboratori autobiografici che conduco dal 2001 nei carceri toscani per far emergere l'importanza della scrittura intima come “stanza tutta per sé”. Il diario di Paolo Severi risulta sempre un testo molto discusso talvolta considerato non abbastanza diretto, forte e crudo, altre volte invece appare una testimonianza reale e condivisa dai partecipanti detenuti. In ogni caso, alla lettura di alcuni passaggi del testo eseguita in gruppo, segue una richiesta di una lettura individuale anche per trovare il coraggio di fare altrettanto. Alcuni detenuti hanno infatti preso spunto dal diario di Paolo Severi per scrivere a loro volta un'autobiografia o un diario con lo scopo di valorizzare la propria storia di vita e per lasciare una traccia ai figli o alla famiglia, ma anche una testimonianza dei torti subiti e del mondo carcerario, delle difficoltà affrontate e superate per cercare di aiutare chi si trova nella stessa condizione in cui si è trovato l'autore. Invito anche persone che non hanno mai avuto occasione di leggere o immergersi nelle storie di vita di detenzione, di avvicinarsi al testo di Severi per entrare in un “mondo altro”, in un universo lontano ma raggiungibile attraverso le testimonianze di chi lo ha vissuto e scritto per se stesso e per comunicarlo agli altri. Ringrazio Paolo Severi per aver scritto la propria esperienza di carcerazione, ma anche per aver raccontato e condiviso la vita del carcere così come l'ha vissuta, dando la possibilità ad altre persone di ritrovare, attraverso la scrittura di sé, il valore della propria storia di vita e di recuperare quella dignità così difficile da riconquistare nei luoghi di detenzione.
Caterina Benelli
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